Scrollando su Facebook leggo un post di un ragazzo di Capoliveri che si lamenta delle partenze ” ad interpretazione” delle navi. Questa situazione l’ho vissuta anche io qualche tempo fa. Arrivi al porto con largo anticipo, magari pure sotto la pioggia, e ti becchi mezz’ora d’attesa perché la nave, se ti dice bene, parte con dieci minuti di ritardo. Fisiologico, dicono. “Problemi tecnici”, “traffico marittimo”, “attendiamo autorizzazioni”. Tutto fa brodo. Ma se, per una volta, ti capita di arrivare con qualche minuto di ritardo… ecco che la nave è già fuori dal porto, con la rampa già su e le sirene che manco a chiamare i cetacei. Nessun annuncio, nessuna deroga, nessuna pietà. Ora, cari signori della puntualità creativa, chiariamo, come diceva il ragazzo capoliverese: ” Sono io lo stronzo che dovrebbe vivere dentro al porto per essere sicuro di non perdere il traghetto? O siete voi che giocate al “ti aspettiamo quando ci pare, ma guai se invertiamo i ruoli”?Questa non è organizzazione. Questa è una gestione schizofrenica del tempo, a danno di chi paga, aspetta e si fida. Perché alla fine, chi resta fregato non è mai chi decide quando partire, ma chi ha solo un orologio e un biglietto. La domanda resta: Se arrivo prima, perché partite dopo? Se arrivo dopo, perché non aspettate?E soprattutto: chi decide che il tempo degli altri vale meno del vostro?
Giancarlo Palma
