Con riferimento all’utilità del dissalatore di Mola, ASA vorrebbe sottoporre ai lettori alcune riflessioni di ordine tecnico. In linea generale, sull’utilità del dissalatore, in tempi non sospetti, si sono espressi in molti, anche prima della gestione di ASA. La necessità del dissalatore a Mola, infatti, nasce da lontano. La stessa comunità Montana dell’Elba ne aveva previsto la realizzazione di uno più piccolo da 30 l/s, utile per le punte estive e per superare i problemi distributivi della parte occidentale dell’Elba. Era solo il 1995, poi la situazione delle presenze, del potenziale ricettivo turistico, i cambiamenti climatici e l’età avanzata della condotta sottomarina sono peggiorati, rendendolo sempre più necessario e di più ampie dimensioni idrauliche. Nel 2011 fu firmato da tutti i comuni dell’Elba e della Val di Cornia l’accordo di programma per la soluzione della scarsità della falda acquifera della zona e della presenza di arsenico e boro che rovinano la qualità di quelle falde. In questo accordo c’era anche il dissalatore di Mola, firmato e voluto anche dai Sindaci dell’Elba, Capoliveri compreso. Tutti gli interventi previsti sono stati realizzati ad esclusione del dissalatore, i cui lavori sono ripartiti da poco, causa i noti ricorsi alla giustizia amministrativa. Lo stesso comune ha sempre autorizzato gli atti di competenza sul dissalatore, seppure pochi, e si è confrontato con ASA su alcune soluzioni progettuali (approdo nella spiaggia delle condotte e vasche).
Nello specifico, le motivazioni che sottostanno alla realizzazione dell’impianto sono:
1) la possibilità di alimentare l’isola con pochi disagi d’estate, evitando i razionamenti e senza criticità di inverno, a causa di rotture o per manutenzioni sulla condotta sottomarina;
2) il miglioramento qualitativo dell’acqua distribuita;
3) l’obiettivo di superare le crisi idriche ricorrenti per i cambiamenti climatici;
4) lo sblocco delle autorizzazioni agli allacci idrici quasi completamente sospesi.
Non dimentichiamoci poi dell’età della condotta sottomarina che porta il 50% dell’acqua necessaria. La condotta, che ha 34 anni — su 30 anni di vita utile progettuale – seppure ben manutenzionata e controllata, è a rischio rottura e se ciò accadesse d’estate senza dissalatore, molte decine di migliaia di persone dovrebbero abbandonare l’Isola per motivi igienico sanitari. Senza contare il depauperamento delle falde della Val di Cornia e dell’isola d’Elba per sovrasfruttamento. Non vi sono, inoltre, soluzioni alternative. Studi dell’università di Firenze e Siena indicano che non vi sono ulteriori acque disponibile in falda, salvo bloccare il ruscellamento per ravvenarle, quindi con la necessità di opere ancora più ingenti (dighe più alte di 15 mt, difficili da realizzare sull’Isola e con maggiori costi). Le sorgenti da pochi litri d’inverno e quasi secche d’estate, seppure utili, non possono risolvere un deficit idrico ben più ampio. Sono stati realizzati 30 pozzi, ma l’acqua presente in falda non consente di incrementarne altri. Teniamo a precisare, infine, che l’impianto rientra sia negli interventi strategici della Regione Toscana che lo finanzia in parte, ma anche in quelli nazionali indicati dall’Autorità nazionale di regolazione (ARERA) e finanziato per 3M€ dal Ministero dello sviluppo economico (MISE). Tale valore corrisponde a quanto avrebbero dovuto versare i comuni come da accordo del 2011, sgravandoli di questo peso. Il governo, pertanto, è certamente consapevole dell’utilità di tale impianto, avendolo finanziato per la parte mancante. In conclusione, considerare dannoso per l’economia elbana un impianto che salverebbe l’Isola dal tracollo economico per la rottura della condotta sottomarina è un controsenso clamoroso, incomprensibile per chi, come ASA, lavora tutti i giorni per garantire il migliore servizio possibile sull’isola, anche in situazioni emergenziali, rare, purtroppo non impossibili.
ASA SpA