“Non stiamo facendo abbastanza”, afferma Flavio Lotti, presidente della Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace. Il riferimento è alla tragedia delle guerre e al non fare abbastanza per cambiare la realtà. Siamo come “sonnambuli” (Censis) di fronte alle guerre e alle loro conseguenze. “È triste e doloroso doverlo dire — continua Lotti — ma ignorare la realtà non ci aiuterà a sfuggire alle sue conseguenze. I responsabili di questo disastro non si fermano. Chi ci governa in Italia e in Europa ci ha già impoverito e pretende di togliere altre decine di miliardi di euro dalla cura della nostra salute e dei nostri giovani per riempire le casse dei costruttori di armi e dei mercanti di morte. Gli ideologi e i propagandisti della guerra necessaria e inevitabile, che se ne stanno comodamente seduti sul divano di casa loro, continuano, imperterriti e indisturbati, a manipolare fatti, parole e cervelli”. Il 25 aprile, Festa della Liberazione, rappresenta un’occasione per fare qualcosa di più. In quel giorno, a Milano convergeranno “tutte le donne e gli uomini che sentono l’urgenza umana e politica di alzare il volume delle sirene d’allarme e suscitare un’opposizione lucida e determinata. Non si tratta solo di dire un altro forte «no alla guerra» ma di ricostruire la capacità nostra e delle nostre istituzioni di «fare la pace». In un mondo fuori controllo, mentre tutto ci appare difficile, dobbiamo ridare valore alla pace che possiamo fare, in ogni momento, in ogni luogo, in ogni situazione. «Fare la pace». Saranno i nostri “gesti” e le nostre pratiche quotidiane di pace a rendere credibile e dunque contagiosa la nostra proposta e la nostra volontà di ricostruire una vera, autentica, politica di pace fondata sul ripudio attivo della guerra”. Ma un segno può esserci in ogni realtà, anche piccola, anche in modo silenzioso. Per esempio, partecipando alle celebrazioni ufficiali dei Comuni e dell’Anpi, portando con sé una bandiera arcobaleno o un drappo bianco. Il 25 aprile continuiamo a camminare per la pace. Anche a Portoferraio. Anche all’Elba.
Nunzio Marotti