Il comparto dei servizi di trasporto marittimo tra Piombino e l’Isola d’Elba rappresenta storicamente una variabile essenziale di una economia insulare che ad essa lega la sua stessa sopravvivenza e la stessa possibilità di una vita dignitosa sotto il profilo sociale e sicura sotto il profilo sanitario, visto che il trasporto da noi è una condizione della stessa risposta sanitaria dopo che si è attuata la graduale “demolizione” del presidio ospedaliero.
In tale ottica sino ad oggi il ragionamento relativo al sistema di regolazione applicabile a tali servizi ha messo al centro il concetto di “obbligo di servizio” ovvero di uno standard di prestazioni garantito, costituito da un sistema di collegamenti integrati tra loro in termini di offerta ma altresì di sostenibilità economica.
Proprio l’ esistenza di questa condizione sociale da compensare — in ossequio al principio generale di uguaglianza sostanziale — ha consentito di finanziare queste tratte per calmierare le ricadute economiche sui residenti e garantire una frequenza in grado di dare risposte ad una domanda di collegamenti turistica ma soprattutto sociale riassunta nel concetto di “continuità territoriale”.
Tutto questo rischia di scomparire senza che dal territorio si levi alcuna pur flebile protesta.
In altre parole tutti coloro che a tutti i tavoli istituzionali e su ogni banchina hanno invocato obblighi più stringenti per l’attuale compagnia, stanno tacendo di fronte alla cancellazione di quelli esistenti.
Partire dalle indagini di mercato per comprendere come dare risposte in termini di servizi ed ipotizzare uno smembramento delle linee è esattamente invertire i termini della questione, privilegiando lo scopo di aprire le porte ad imprenditori che fanno legittimamente il loro mestiere ma che — in quanto tali — se non condizionati da un contratto pubblico che ne conformi il comportamento a precisi obblighi — sono destinati a legittimare la totale anarchia e soprattutto la mancanza di soluzioni emergenziali, rese possibili oggi solo da una logistica integrata tra le linee che conti sulla interscambiabilità delle navi in caso di avaria, a fronte di tabelle di armamento tali da garantire il personale imbarcato.Lo smembramento renderà inesistente qualsiasi clausola sociale come insegnano le regioni che hanno aderito a questa devastante teoria.
L’esperienza di simili procedure in altri contesti regionali parla già di centinaia di marittimi lasciati a terra e di servizi conseguentemente scarsi sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, con inevitabili conseguenze anche sull’ immagine turistica del territorio.
Ma soprattutto se gli indirizzi della Regione divenissero realmente i cardini del nuovo sistema e pertanto si privilegiassero le tratte redditizie come tali non finanziabili, il risultato sarebbe un’ Elba di serie A, servita da collegamenti capillari, ed un’ Elba di serie B destinata a subire deficit di frequenza giornaliera e vere e proprie carenze invernali.
Quanto sopra a dispetto degli indirizzi in materia di riequilibrio dei flussi di traffici in un sistema portuale incentrato sui tre porti, anche per alleggerire la circolazione interna all’Isola.
Pare proprio che l’interesse pubblico sia stato chiuso in un cassetto dimenticando lo sforzo di investimento pubblico fatto a livello nazionale ma anche da parte della stessa Regione Toscana.
Forse sarebbe il caso che ciascuno ritornasse a fare il proprio mestiere e soprattutto che a combattere per la liberalizzazione fossero gli armatori mentre a garantire la qualità della vita sul territorio ci pensasse chi riveste funzioni istituzionali come la Regione Toscana, evitando di risparmiare sulla pelle degli Elbani .
Il Canale di Piombino non si governa senza obblighi di servizio adeguati e senza porre al primo posto la continuità territoriale si rischia di cancellarla per sempre.
Questo silenzio del territorio è assolutamente irresponsabile.
Auspico che sulla questione si esprima ufficialmente l’Osservatorio sulla continuità territoriale dando prova del senso della sua esistenza e rivendicando i contenuti del documento siglato dai sindaci ormai qualche mese fa sul quale latitano le risposte di chi ha chiamato di qui a poco a scelte fondamentali per il nostro futuro.