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Proloco Elba: Riflessioni su turismo inclusivo e musei partecipativi

Leggen­do qualche giorno fa Il Sole 24ore mi han­no col­pi­to gli arti­coli di Fab­rizio Burchi­anti e di Cinzia Dal Maso su un tema che sti­amo trat­tan­do in questi giorni all’Elba: gli Etr­uschi, come lo definisce l’autrice, “un illus­tre popo­lo che è anco­ra con­tem­po­ra­neo”. Lo scor­so anno ho avu­to l’opportunità con Sab­ri­na Busato, Pres­i­dente di FEISCT (Fed­er­azione Euro­pea degli Itin­er­ari Stori­ci Cul­tur­ali Tur­is­ti­ci) di lan­cia­re, in mez­zo alle cel­e­brazioni napoleoniche e alle rie­vo­cazioni medicee che si pro­trag­gono da anni, il tema “Etr­uschi” parte­ci­pan­do al ban­do ad evi­den­za pub­bli­ca del­la Regione Toscana per la “Gior­na­ta degli Etr­uschi”. Intorno al prog­et­to, abbi­amo rac­colto l’adesione di 22 sogget­ti pub­bli­ci e pri­vati, a par­tire dalle Pro Loco di Cam­po, Por­to Azzur­ro, Rio e Capo­liv­eri. Capofi­la il Museo Minerario di Rio che pro­prio in quei mesi ospi­ta­va il prog­et­to RACINE di Anci Toscana sul­la val­oriz­zazione dei luoghi del­la Cul­tura. Il prog­et­to “Elba degli Etr­uschi” è risul­ta­to il pri­mo in Toscana con il più alto pun­teg­gio e finanzi­a­men­to, oltre che per l’idea, pro­prio per aver mes­so insieme Enti pub­bli­ci, Comu­ni, Musei, Asso­ci­azioni del Ter­zo set­tore, Mon­do uni­ver­si­tario, Pro Loco, pri­vati cit­ta­di­ni, aziende, insom­ma una comu­nità vas­ta che si riconosce negli stes­si val­ori pat­ri­mo­ni­ali, mate­ri­ali e imma­te­ri­ali, come recita la con­ven­zione di Faro. Pos­si­amo affrontare in ques­ta ed altre sedi  scam­bi di opin­ioni sul­la cul­tura come volano per un tur­is­mo di qual­ità, con­sapev­ole, rispet­toso, desta­gion­al­iz­za­to, inclu­si­vo, dove sono gli stes­si cittadini/abitanti ad essere ambas­ci­a­tori del pro­prio ter­ri­to­rio e fare accoglien­za. Ma vor­rei incen­trare la rif­les­sione su un pas­so dell’articolo cita­to dove si ripor­ta l’esempio del Museo etr­usco di Pop­u­lo­nia Collezione Gas­par­ri, chia­man­do in causa la regione Toscana che pro­muove da tem­po l’idea di cos­ti­tuire “reti” fra Comu­ni, Isti­tuzioni cul­tur­ali e pri­vati. “È ciò che, per esem­pio avviene già da tem­po — scrive la Dal Maso —  al Museo etr­usco di Pop­u­lo­nia Collezione Gas­par­ri. Orga­niz­za pranzi etr­uschi in col­lab­o­razione con Slow Food pre­ce­du­ti da una rasseg­na degli ogget­ti da cuci­na antichi del museo. Men­tre il pro­dut­tore di vino locale mette ai pro­pri vini nomi ad etichette ispi­rati agli ogget­ti del Museo di Pop­u­lo­nia e l’artigiano real­iz­za copie delle mon­ete ora in mostra al Museo. Il glamp­ing vici­no poi pro­pone ai suoi ospi­ti di trascor­rere una gior­na­ta sul­lo sca­vo arche­o­logi­co di Pog­gio del Moli­no, anti­ca fortez­za trasfor­ma­ta in vil­la romana, e il Bike Club  locale offre la bici­clet­ta­ta dalle Cave di mar­mo di Campiglia Marit­ti­ma fino a Pog­gio del Moli­no dove gli arche­olo­gi spie­gano come i mar­mi veni­vano imp­ie­gati nel­la vil­la. Ora, per inizia­ti­va del­la fon­dazione Agla­ia, l’esperienza del museo è mod­el­lo per la Rete dei Musei Parte­ci­pa­tivi: le comu­nità impara­no a conoscere bene  le par­ti­co­lar­ità del pro­prio ter­ri­to­rio e a val­oriz­zarle al meglio. La Toscana non ha solo pre­so il nome degli etr­uschi, è anche la regione che da sem­pre ci scom­mette di più, specie da quan­do Cosi­mo I dei Medici si ispirò gli Etr­uschi per legit­ti­mare la pro­pria polit­i­ca di espan­sione. Oggi, al di là degli intrec­ci politi­ci, Toscana Ter­ra Etr­usca può con­sen­tire a tut­ti di vivere i luoghi del­la regione in modo con­sapev­ole e soprat­tut­to coin­vol­gente.”

Coin­vol­gere la comu­nità in un prog­et­to pro­mosso dai Comu­ni, dal­la GAT, dalle Pro Loco, dal­la rete dei Musei, è fon­da­men­tale per­ché come dichiara nel­lo stes­so arti­co­lo Tap­inas­si, Diret­tore di Toscana Pro­mozione Tur­is­ti­ca, dob­bi­amo attual­iz­zare l’eredità degli Etr­uschi per fare “sen­tire il tur­ista all’interno di un’esperienza totale e vera. E’ un lavoro di rete com­p­lesso, una sfi­da che richiede un nec­es­sario cam­bio di men­tal­ità”. È quel­lo che fa Vet­ri­na Toscana met­ten­do insieme con il suo brand viti­coltori, api­coltori, agri­coltori, all­e­va­tori, pro­dut­tori, ris­tora­tori, bot­teghe, pro­muoven­done le attiv­ità. Ben ven­ga quin­di il ris­tora­tore che  pro­pone un banchet­to etr­usco invece del soli­to menù di pesce, i rie­vo­ca­tori stori­ci che por­tano la cul­tura etr­usca in tut­ta Italia stu­dian­do e ricostru­en­do in maniera filo­log­i­ca abiti, arre­di, ceramiche, gioiel­li, armi od ogget­ti d’uso domes­ti­co, chi fa ricer­ca musi­cale e costru­isce stru­men­ti antichi, il viti­coltore che fa archeotrekking nelle sue tenute e vende il suo vino che la vigna richiede parec­chia fat­i­ca, le aree arche­o­logiche o minerarie che fan­no vis­ite gui­date a paga­men­to, per­ché chi lavo­ra gius­ta­mente  va ret­ribuito. Ben vengano le Pro Loco che in tut­ta la Toscana costru­is­cono reti e sono cerniera fra le isti­tuzioni e la “soci­età civile”, pro­muoven­do inizia­tive che includono il più ampio spet­tro di parte­ci­pan­ti.  Il tur­is­mo cul­tur­ale in Italia potrebbe essere la pri­ma indus­tria e portare lavoro, sti­mo­lare nuove inizia­tive, soprat­tut­to gio­vanili, sal­vare borghi che si spopolano e restau­rare un pat­ri­mo­nio che è uni­co al mon­do. Ma per fare questo bisogna uscire dagli stec­ca­ti e dai luoghi comu­ni, “sporcar­si le mani di ter­ra”, met­tere a dis­po­sizione del­la comu­nità quel­lo che sap­pi­amo, val­oriz­zan­do in par­ti­co­lare il volon­tari­a­to e for­man­do i gio­vani alle nuove pro­fes­sioni del tur­is­mo cul­tur­ale. Sen­tire una non­na che rac­con­ta la sbur­ri­ta e come si vive­va nelle miniere è molto più emozio­nante che guardar­si una ricetta in TV. E forse la nar­razione di quel­lo che erava­mo aiu­ta a far­ci capire dove vogliamo andare. E il tur­ista, che las­cia con dispi­acere, alla fine del­la vacan­za, una delle bel­lis­sime spi­agge di quest’Isola del Par­adiso potrebbe ritornar­ci in inver­no per vis­itare un Museo, ass­apo­rare un piat­to o un vino che san­no d’antico, per cer­care una Fortez­za d’altura  a Cas­tiglione o quel che res­ta di una necrop­oli a Casa del Duca o di un forno etr­usco nascos­to nei boschi dell’Isola, quel­la inter­na, quel­la vera, dove anco­ra si res­pi­ra la sua ani­ma.

 

 

 

 

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