Ieri è scomparso il giornalista di origine elbane, Cesare Sangalli, a causa di un malore improvviso.
Io ho avuto il piacere di conoscerlo molti anni fa e in una sola circostanza, però da allora l’ho seguito attraverso il suo portale di informazione indipendente www.altrevoci.it, una realtà editoriale attiva da più di 15 anni, una voce sempre attenta a chi non ce l’ha, dove ho avuto anche l’onore di essere ospitato in una recensione del mio romanzo a firma di Michele Castelvecchi.
Cesare era anche dirigente di Amnesty International, una vita spesa davvero per gli altri e volta a capire e spiegare cosa c’è dietro ogni avvenimento al di là della notizia di facciata fornita alla massa.
L’edicola si unisce al dolore di chi lo ha conosciuto e vissuto.
Sotto vi riporto il manifesto del suo fare giornalismo e informazione, che abbiamo ripreso dal sito.
Perchè “Altre Voci”
Secondo una definizione di scuola americana, la funzione del giornalismo è quella di “affliggere i soddisfatti e soddisfare gli afflitti”.
“Altre voci” è il risultato del giornalismo (e del fotogiornalismo) che crede ancora in questa rigida, obsoleta, moralistica definizione. Più per esperienza diretta che per atto di fede.
Perché parlando soprattutto del Sud del mondo e dal Sud del mondo, quello che da noi è confuso acquista rapidamente chiarezza (che non vuol dire semplicità, la complessità non si elimina a colpi di dogmi).
Noi raccontiamo le cose che abbiamo visto, a modo nostro e senza padroni, né diretti, né occulti. Per questo facciamo “Altre voci”. Lo slogan decidetelo voi. Io però un punto di riferimento, sia detto con la massima umiltà, ce l’avrei. E’ un prete protestante nero ucciso a Memphis il 4 aprile del 1968, che diceva:
“Metteteci in prigione e noi vi ameremo ancora. Mandate i vostri incappucciati sicari nelle nostre case e noi vi ameremo ancora. Ma siate sicuri che noi vi vinceremo con la nostra capacità di soffrire.
Un giorno noi conquisteremo la libertà, ma non solo per noi stessi.
L’amore è il potere più duraturo che vi sia al mondo”.
E diceva anche (e questo è il nostro semplice motto):
“Se anche sapessi che domani finisce il mondo, oggi stesso pianterei il mio alberello di mele”.
Cesare Sangalli