Per chi ha avuto esperienza politica e amministrativa non è difficile comprendere lo sforzo dell’Autorità di Sistema Portuale di restituire un contenuto accettabile allo scellerato percorso amministrativo avviato dal comune di Rio per affidare la gestione del Porto.
Un empasse istituzionale di non poco conto affrontato responsabilmente e con encomiabile impiego di energie per recuperare una via d’uscita ad una strada che vie d’uscita peraltro non ne ha.
Ecco dunque che la bozza di protocollo approvata dal Comune di Rio ed avente ad oggetto la collaborazione tra comune e autorità di sistema portuale sulla base dell’art. 15 Legge 241/90 (della quale peraltro non si riescono a comprendere i presupposti applicativi trattandosi non di attività in comune ma di esercizio di competenze istituzionali attribuite da Leggi dello Stato) non sposta di un centimetro l’irregolarità degli atti assunti ed anzi conferma che un quadro di coordinamento delle rispettive funzioni amministrative non esisteva così come non esisteva un univoco impegno politico.
Ma se da questo punto di vista il protocollo forse ristabilisce una civiltà dei rapporti istituzionali della quale si era ignorata l’importanza, non serve a cancellare l’assoluta impraticabilità del percorso avviato.
Come può un comune sostituirsi ad un altro ente pubblico nel determinare gli elementi della sua programmazione quando il coordinamento trova nell comitato di gestione la propria sede istituzionale?
Come si fa a dichiarare la compatibilità urbanistica rispetto ad atti urbanistici che non sono di propria competenza come il piano regolatore portuale o come si tenta di modificarla con un project financing quando la legge 84/94 disciplina specifiche procedue e competenze per la sua approvazione e le eventuali varianti,
Come si fa a condizionare lo sviluppo futuro del porto di Rio Marina, le sue eventuali fasi di attuazione ed i possibili reali investimenti a fronte della “sistemazione” dei Voltoni per lasciarli poi nella gestione del soggetto privato come se niente fosse?
Come si fa ad attribuire al comune il potere di assegnare concessioni delle quali non è il titolare ma a sua volta il concessionario?
L’individuazione della stazione appaltante non sposta le competenze istituzionali degli enti altrimenti sarebbe bastata una telefonata a Corsini per risolvere l’annoso problema della riforma dei porti.
Magari un parere preventivo dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione toglierebbe ai cittadini ogni dubbio sulla correttezza dell’operato di chi li amministra.