Quella del convegno che si terrà sabato 22 al De Laugier è sicuramente una iniziativa apprezzabile e l’intervento di autorevoli esponenti del mondo scientifico servirà a far comprendere che non esiste un’unica voce accreditata come quella rappresentata sino ad oggi dai tecnici di ASA e della Autorità Idrica Toscana che al dialogo hanno preferito incontrastati monologhi caratterizzati da sprezzanti giudizi delle opinioni altrui.
Non basterà però avere la consapevolezza che non ci sia un pensiero unico in questo settore, ma che anzi il progetto del dissalatore porti con se più rischi che benefici.
Sappiamo infatti che l’ente titolare di competenze in materia di politica idrica ha già da tempo imposto dall’alto le proprie regole e la propria visione, passando come un carro armato sopra le istanze locali.
Ciò è avvenuto tramite uno strumento — più quotidiano di quanto si possa pensare — come l’urbanistica, della quale questo territorio deve tornare a parlare se non vuole sottoscrivere con rassegnazione la privazione delle leve fondamentali del suo futuro o meglio, in altre parole, se non vuole rinunciare ad essere padrone di se stesso.
Questo sarebbe inaccettabile così come altrettanto inaccettabile è la motivazione che mi sono spesso sentita fornire mentre accoratamente combattevo questa battaglia: niente dissalatore = niente nuovi allacci = niente nuove edificazioni.
Accanto a questa specie di ricatto è stato messo in campo uno strumento urbanistico letale per l’autonomia delle nostre amministrazioni e liberticida (questo sì) della relativa libertà di autodeterminazione.
Con la “variante di pubblica utilità” un obiettivo della programmazione di un ente preposto alla gestione di una competenza regionale e non rappresentativo dei cittadini diviene una scelta subita e sottratta al dibattito politico, legittimato invece proprio da quella pluralità di visioni ed dalla scala di valori che di volta in volta entrano in gioco.
La variante di pubblica utilità deve essere interpretata come un percorso privilegiato in termini di tempi e procedure ma a fronte di soluzioni condivise almeno dall’ente territorialmente competente e non come un’arma di imposizione politica ad un territorio che ha visto negli anni ingenti risorse investite a favore di soluzioni diverse come quelle della condotta idrica sottomarina, oggi “rinnegata” insieme alla considerazione del valore ambientale di questo territorio ed alla consapevolezza che di fronte ad esso sarebbe insostenibile il prezzo da pagare ad una cieca ed inconcepibile ostinazione politica.
Detto in parole povere c’è sempre qualcuno che ci deve mangiare,mi piacerebbe che le autorità competenti andassero a controllare i conti correnti di questi politici locali
l’Acqua deve essere PUBBLICA ‚così come si sono espressi i cittadini italiani con il referendum del 2011.Più semplice di così?