Cari amici dell’Edicola Elbana Show, vi pongo questa questione che ultimamente mi logora e non poco. Ogni due anni, puntuali come una multa quando scade il disco orario, ci ricordano che dobbiamo portare l’auto a fare la revisione. Perché, giustamente, la sicurezza viene prima di tutto. Peccato che poi, appena usciti dal centro revisioni, ci troviamo a schivare crateri che nemmeno sulla Luna. Ma proviamo a ragionare. Se lo Stato controllasse le strade con la stessa attenzione con cui controlla le nostre auto, forse potremmo invertire il concetto: revisione ogni dieci anni alle auto e ogni due alle strade. Tanto, diciamocelo, il vero collaudo lo fa la sospensione quando salta su un dosso fantasma o affonda in una buca mimetizzata dal tempo e dall’incuria. È ironico – o forse tragico – che le nostre vetture vengano misurate al millimetro su gas di scarico, freni e luci, mentre l’asfalto su cui poggiano sembra uscito da un film post-apocalittico. Ci sono vie che sembrano aver combattuto la Seconda Guerra Mondiale e non ne sono mai uscite davvero. Nel frattempo paghiamo bollo, assicurazione, carburante a peso d’oro… e in cambio? Un rally quotidiano, con prove speciali tra tombini ballerini e segnaletica invisibile. Forse dovremmo iniziare a portare in revisione anche i marciapiedi, i guardrail, le rotonde creative che spuntano come funghi. Magari poi scopriamo che i veri “fuoristrada” siamo noi, cittadini urbani, costretti a viaggiare su percorsi che solo Google Maps osa chiamare “strade”. E allora sì, caro Stato: revisione ogni due anni. Ma prima, fammi trovare almeno un chilometro d’asfalto degno di questo nome.
Filippo
