Non scrivo mai nei blog ma vi seguo giornalmente e stamani dopo avervi visto sono andato di corsa a comprare il Tirreno per capire meglio.Ma vi sembra normale? No, davvero, ve lo chiedo: chi decide che un sexy shop o un market “ad esclusivo libero servizio” sia meno decoroso di un negozio che vende pici all’aglione o cantucci? La recente delibera comunale sembra un mix tra un manuale di “come promuovere la tradizione” e una guida turistica scritta nel 1975. Da un lato, incentiviamo (giustamente) l’apertura di attività che valorizzano i prodotti tipici, dall’altro bandiamo sexy shop, artigianato non “tradizionale” e persino minimarket, come se fossero la radice di ogni male urbano. E allora mi chiedo: davvero un negozio di lingerie o un minimarket, che magari resta aperto quando il resto della città dorme, è un problema più grave di un centro storico che si svuota per metà dell’anno? E chi decide cosa è tradizione? Perché, guardate, se il caffè americano e l’avocado toast continuano a invadere i bar, tra un po’ sarà tradizione pure quella! Il sindaco parla di migliorare il decoro urbano, e sono d’accordo: i centri storici devono essere curati. Ma siamo sicuri che il problema sia davvero un minimarket che vende patatine e birra? Non sarebbe più utile incentivare chiunque voglia aprire un’attività e garantire un’offerta variegata, anziché tracciare linee di confine tra “decoroso” e “indecoroso”? E voi che ne pensate? Meglio un sexy shop che paga le tasse o un altro negozio chiuso, ma coerente con la “tradizione”? Scrivetemelo qui sotto, che magari mi sto perdendo qualcosa!
Un fedele lettore Campese
