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In ricordo di Raffaello Trinca — Nunzio Marotti

Un mese fa mi rag­giunge­va la notizia del­la morte di Raf­fael­lo Trin­ca.
Mi trova­vo fuori Elba e non è sta­to pos­si­bile incon­trare la famiglia e parte­ci­pare al funerale.
Per questo, sep­pur breve­mente, vor­rei ricor­dar­lo.
Ho conosci­u­to Raf­fael­lo nel Comi­ta­to Carpani (al tem­po di Piero Paoli­ni). Ne ho apprez­za­to la disponi­bil­ità, l’at­ten­zione alle per­sone, il suo sor­rid­ere, il dar­si da fare instan­ca­bile. Nel grup­po, durante le gior­nate di pulizia dei gia­r­di­ni del quartiere e le numerose feste, non si tira­va mai indi­etro, svol­gen­do qual­si­asi genere di col­lab­o­razione gli venisse chi­es­ta, sen­za bor­bottare e, spes­so, dan­dosi da fare — pen­so ai peri­o­di cal­di — in lavori fati­cosi.
Sem­pre pre­sente, spes­so silen­zioso ma sicu­ra­mente costrut­ti­vo e pos­si­bilista.
In ogni realtà ci sono per­sone che emer­gono (tal­vol­ta sen­za vol­er­lo) e per­sone che sono in ombra. Sono “fig­ure minori”, con rifer­i­men­to al ruo­lo e sen­za nul­la togliere alla dig­nità di cias­cuno. Sono quelle per­sone che dif­fi­cil­mente ven­gono ricor­date dopo anni. Eppure, cosa ne sarebbe degli “emer­gen­ti” (ripeto, anche loro mal­gra­do) sen­za di loro?
Par­lare con Raf­fael­lo — come con altri – vol­e­va dire sco­prire un modo “altro” di guardare l’azione e il mon­do. Sco­prire anche che è pos­si­bile guardar­si attorno sen­za insis­tere nel giudizio sug­li altri, sen­za mostrare invi­die o astio.
Per questo cre­do che si deb­ba esprimere una spe­ciale grat­i­tu­dine a quan­ti sono “dietro le quinte” dei fenomeni sociali, che non com­paiono su social e gior­nali.
Raf­fael­lo è per me metafo­ra del­la sto­ria reale, fat­ta di per­sone comu­ni che con­tribuis­cono a man­ten­er­la umana quan­do altri si affan­nano a posseder­la e a tentare di pie­gar­la a pro­prio van­tag­gio.
E se il futuro ci è dato pro­prio gra­zie a per­sone comu­ni, tal­vol­ta scar­tate dai mag­gioren­ti, impeg­nate nel “ter­ri­bile quo­tid­i­ano”, con la tena­cia e il sor­riso di chi ha com­pre­so qual­cosa in più del mis­tero del­la vita?
Mi piac­erebbe che vi fos­se un ricor­do vis­i­bile di Raf­fael­lo, nei gia­r­di­ni del quartiere, un sim­bo­lo anche per i tan­ti che han­no con­tribuito a ren­der­li fruibili e che non sono più fra noi.
Un gran­dis­si­mo abbrac­cio a Edda, Saman­ta, Leonar­do, Lin­da e Gen­naro.

Nun­zio Marot­ti

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