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Manchette di prima

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Manchette di prima

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“Sei venuto a bè un pò di bira con quell’artro zatterone der mi nipote”. Ciao Sauro, il ricordo di Michel Donati

Non cre­do di sba­gliar­mi se dico che con la scom­par­sa di Raoul avve­nu­ta nel Dicem­bre scor­so e ora con quel­la di Sau­ro, se ne sono anda­ti gli ulti­mi due testi­mo­ni del­la piaz­za por­to­fer­ra­ie­se, inte­sa sia let­te­ral­men­te che in gene­ra­le, come comu­ni­tà atti­va, viva­ce, spor­ti­va bur­lo­na, fami­lia­re ‚soli­da­le, pole­mi­ca e cri­ti­co­na alla manie­ra tut­ta nostra­na, ovve­ro con la bat­tu­ta intel­li­gen­te, sec­ca e sen­za pos­si­bi­li­tà di appel­lo. Di Raoul e del­la sua qua­ran­ten­na­le espe­rien­za di lavo­ro al caf­fè Roma , pur­trop­po ebbi già modo di ricor­dar­mi cir­ca due mesi fa, con Sau­ro non so da che par­te comin­cia­re per­ché anche se non lo ave­vo più visto da tem­po, mi ren­do con­to solo ora che tan­te sono sta­te le occa­sio­ni nel­le qua­li le nostre vite si sono inter­se­ca­te. Per pri­ma met­to Il fat­to che Fabio , il su figlio­lo più pic­ci­no e di poco più pic­co­lo di me, è cre­sciu­to anche lui tra il Gri­go­lo, le for­tez­ze e l’ex bar da “Nan­do”, ulti­ma nostra “par­roc­chia” fre­quen­ta­ta da Sau­ro stes­so. Poi ci met­to che con il su nipo­te Giam­pao­lo, det­to “Muscia­ra”, spes­sis­si­mo in com­pa­gnia del­lo stes­so Fabio, abbia­mo vis­su­to così tan­te pas­sa­tel­le, discus­sio­ni di poli­ti­ca, not­ta­te e com­me­die ‚che solo per que­ste ci vor­reb­be un libro a se, spe­cial­men­te se mi met­tes­si a rac­con­ta­re anche di Ansel­mo e del suo Ango­lo bar. Quin­di aggiun­go che sia zio che nipo­te, han­no lavo­ra­to sui pull­man ed io altret­tan­to, anche se come bigliet­ta­io e sol­tan­to per due sta­gio­ni, aven­do comun­que fat­to più di una cor­sa insie­me a Sau­ro, all’e­po­ca con­trol­lo­re e con Giam­pao­lo come auti­sta. Una stra­na e pia­ce­vo­le fac­cen­da quel­la dei pull­man, che ritor­na ad intrec­ciar­si con la mia vita e con quel­la di Sau­ro, per esem­pio quan­do mi rife­ri­sco ad un altro per­so­nag­gio al qua­le ero mol­to affe­zio­na­to, non solo per­ché era nato il 19 di Feb­bra­io come me, lui nel 1913, ma anche per­ché era il non­no mater­no del mio ami­co Mar­co Dio­ni­gi, det­to il “Dio­ny”. Sto par­lan­do di Alfre­do Capril­li , det­to l’ “Asca­ro”, in quan­to ave­va fat­to la guer­ra d’A­fri­ca, anche lui auti­sta ai tem­pi dei bus con i moto­ri da camion e del­l’El­ba tut­ta ster­ra­ta. Una vol­ta, mi rac­con­ta­va Alfre­do, men­tre con il pull­man veni­va giù dal­le Grot­te , quan­do sta­va per affron­ta­re una di quel­le pri­me cur­ve, si accor­se che lo ster­zo gira­va a vuo­to. Il tem­po di urla­re ai pas­seg­ge­ri di pre­pa­rar­si e anda­ro­no di sot­to, ritro­van­do­si con le ruo­te per aria. Dopo esser­si pre­mu­ra­to che nes­su­no si fos­se fat­to male, Alfre­do con­ti­nuò a rac­con­tar­mi che una don­na con una pez­zo­la nera lega­ta sot­to il col­lo si dispe­ra­va per­ché non tro­va­va più la su gal­li­na, men­tre lui, vero mae­stro di bat­tu­te bur­be­re e sec­che, così le si rivol­se: ” Pe la tu.….., ci sia­mo mes­si un pull­man in capo e te vai a pen­sà alla gal­li­na!” A quel pun­to, l’ ”Asca­ro” con­ti­nuò ad insi­ste­re che nes­su­no toc­cas­se nul­la, per­ché era sicu­ris­si­mo che la col­pa non era sua, che era lo ster­zo che si era rot­to e che dove­va esse­re il Lot­ti­ni a con­trol­la­re la mec­ca­ni­ca. Infat­ti, appe­na Sau­ro arri­vò e sce­se a guar­da­re, vide subi­to che il pian­to­ne del­lo ster­zo si era spez­za­to e così si rivol­se ad Alfre­do con il pez­zo in mano: “Capril­li, stai tran­quil­lo!” Si, la piaz­za di Por­to­fer­ra­io fino ai tem­pi del bar da “Nan­do” era sta­ta una gran­de fami­glia soli­da­le e oltre ad altri, lo testi­mo­nia il fat­to che sia Sau­ro che Pila­de il Gia­ni, det­to “Pila­di­no”, anche lui ex auti­sta dei pull­man, ogni gior­no pren­de­va­no in custo­dia il loro ami­co, non­ché mi zio, Albi­no Maz­zan­ti­ni det­to “Pez­zet­ti­no” , dal momen­to che era diven­ta­to qua­si del tut­to cie­co e che non pote­va fare un pas­so sen­za alme­no un accom­pa­gna­to­re. Qua­si sem­pre loro due a tur­no, ma anche altri quan­do loro non c’e­ra­no, come per esem­pio Lelio il Ber­tuc­ci, un altro sto­ri­co auti­sta del­l’A­TL con il qua­le ebbi la for­tu­na di lavo­ra­re, face­va­no da ange­li custo­di al mari­to del­la mi zia Dora andan­do­lo a pren­de­re a casa, ripor­tan­do­ce­lo, stan­do con lui al bar e accom­pa­gnan­do­lo duran­te le loro pas­seg­gia­te in Cala­ta al tie­pi­do sole pri­ma­ve­ri­le. Negli ulti­mi anni Sau­ro e Raoul ave­va­no spo­sta­to il loro quar­tier gene­ra­le al bar del por­to, in modo che quan­do arri­va­vo a Por­to­fer­ra­io da Sie­na o quan­do par­ti­vo, era­no i pri­mi o gli ulti­mi che vede­vo : “Sei venu­to a bè un pò di bira con quel­l’ar­tro zat­te­ro­ne der mi nipo­te mi chie­de­va uno, men­tre Raoul : ” O a lui , quan­t’è che un lo vedi?”, rife­ren­do­si al su figlio­lo Ales­san­dro, un tem­po “bira­io­lo” not­tam­bu­lo e “pas­sa­tel­la­io” come noi. Vi sem­bre­rà una sce­ma­ta, ma eppu­re quell’ incon­tro così velo­ce e quel­le due sem­pli­ci paro­le mi era­no suf­fi­cien­ti ad illu­der­mi che tut­to fos­se sem­pre come pri­ma e ad ave­re lo stes­so entu­sia­smo per l’ap­par­te­nen­za ad una comu­ni­tà del­la qua­le qual­co­sa è rima­sto, ma poco e spar­pa­glia­to. Ciao Sau­ro, costas­sù, te, il mi zio, Lelio e “Pila­di­no”, qui sot­to ritrat­ti in una foto “ruba­ta” di fret­ta a Clau­dio, fate le cose ammo­di­no, salu­ta Raoul e tut­ti gli altri e un ti pre­oc­cu­pà per noi zat­te­ro­ni che ora ci met­te­mo a die­ta e di bira un ne beve­mo più! Un abbrac­cio­ne a Fabio, a Gian­fran­co a Rober­to e a tut­ti i tuoi cari!

Un commento

  1. Gianni Mazzanti

    Il pri­mo a destra nel­la foto era il mio zio pez­zet­ti­no fra­tel­lo del mi bab­bo!

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