Non credo di sbagliarmi se dico che con la scomparsa di Raoul avvenuta nel Dicembre scorso e ora con quella di Sauro, se ne sono andati gli ultimi due testimoni della piazza portoferraiese, intesa sia letteralmente che in generale, come comunità attiva, vivace, sportiva burlona, familiare ‚solidale, polemica e criticona alla maniera tutta nostrana, ovvero con la battuta intelligente, secca e senza possibilità di appello. Di Raoul e della sua quarantennale esperienza di lavoro al caffè Roma , purtroppo ebbi già modo di ricordarmi circa due mesi fa, con Sauro non so da che parte cominciare perché anche se non lo avevo più visto da tempo, mi rendo conto solo ora che tante sono state le occasioni nelle quali le nostre vite si sono intersecate. Per prima metto Il fatto che Fabio , il su figliolo più piccino e di poco più piccolo di me, è cresciuto anche lui tra il Grigolo, le fortezze e l’ex bar da “Nando”, ultima nostra “parrocchia” frequentata da Sauro stesso. Poi ci metto che con il su nipote Giampaolo, detto “Musciara”, spessissimo in compagnia dello stesso Fabio, abbiamo vissuto così tante passatelle, discussioni di politica, nottate e commedie ‚che solo per queste ci vorrebbe un libro a se, specialmente se mi mettessi a raccontare anche di Anselmo e del suo Angolo bar. Quindi aggiungo che sia zio che nipote, hanno lavorato sui pullman ed io altrettanto, anche se come bigliettaio e soltanto per due stagioni, avendo comunque fatto più di una corsa insieme a Sauro, all’epoca controllore e con Giampaolo come autista. Una strana e piacevole faccenda quella dei pullman, che ritorna ad intrecciarsi con la mia vita e con quella di Sauro, per esempio quando mi riferisco ad un altro personaggio al quale ero molto affezionato, non solo perché era nato il 19 di Febbraio come me, lui nel 1913, ma anche perché era il nonno materno del mio amico Marco Dionigi, detto il “Diony”. Sto parlando di Alfredo Caprilli , detto l’ “Ascaro”, in quanto aveva fatto la guerra d’Africa, anche lui autista ai tempi dei bus con i motori da camion e dell’Elba tutta sterrata. Una volta, mi raccontava Alfredo, mentre con il pullman veniva giù dalle Grotte , quando stava per affrontare una di quelle prime curve, si accorse che lo sterzo girava a vuoto. Il tempo di urlare ai passeggeri di prepararsi e andarono di sotto, ritrovandosi con le ruote per aria. Dopo essersi premurato che nessuno si fosse fatto male, Alfredo continuò a raccontarmi che una donna con una pezzola nera legata sotto il collo si disperava perché non trovava più la su gallina, mentre lui, vero maestro di battute burbere e secche, così le si rivolse: ” Pe la tu.….., ci siamo messi un pullman in capo e te vai a pensà alla gallina!” A quel punto, l’ ”Ascaro” continuò ad insistere che nessuno toccasse nulla, perché era sicurissimo che la colpa non era sua, che era lo sterzo che si era rotto e che doveva essere il Lottini a controllare la meccanica. Infatti, appena Sauro arrivò e scese a guardare, vide subito che il piantone dello sterzo si era spezzato e così si rivolse ad Alfredo con il pezzo in mano: “Caprilli, stai tranquillo!” Si, la piazza di Portoferraio fino ai tempi del bar da “Nando” era stata una grande famiglia solidale e oltre ad altri, lo testimonia il fatto che sia Sauro che Pilade il Giani, detto “Piladino”, anche lui ex autista dei pullman, ogni giorno prendevano in custodia il loro amico, nonché mi zio, Albino Mazzantini detto “Pezzettino” , dal momento che era diventato quasi del tutto cieco e che non poteva fare un passo senza almeno un accompagnatore. Quasi sempre loro due a turno, ma anche altri quando loro non c’erano, come per esempio Lelio il Bertucci, un altro storico autista dell’ATL con il quale ebbi la fortuna di lavorare, facevano da angeli custodi al marito della mi zia Dora andandolo a prendere a casa, riportandocelo, stando con lui al bar e accompagnandolo durante le loro passeggiate in Calata al tiepido sole primaverile. Negli ultimi anni Sauro e Raoul avevano spostato il loro quartier generale al bar del porto, in modo che quando arrivavo a Portoferraio da Siena o quando partivo, erano i primi o gli ultimi che vedevo : “Sei venuto a bè un pò di bira con quell’artro zatterone der mi nipote mi chiedeva uno, mentre Raoul : ” O a lui , quant’è che un lo vedi?”, riferendosi al su figliolo Alessandro, un tempo “biraiolo” nottambulo e “passatellaio” come noi. Vi sembrerà una scemata, ma eppure quell’ incontro così veloce e quelle due semplici parole mi erano sufficienti ad illudermi che tutto fosse sempre come prima e ad avere lo stesso entusiasmo per l’appartenenza ad una comunità della quale qualcosa è rimasto, ma poco e sparpagliato. Ciao Sauro, costassù, te, il mi zio, Lelio e “Piladino”, qui sotto ritratti in una foto “rubata” di fretta a Claudio, fate le cose ammodino, saluta Raoul e tutti gli altri e un ti preoccupà per noi zatteroni che ora ci mettemo a dieta e di bira un ne bevemo più! Un abbraccione a Fabio, a Gianfranco a Roberto e a tutti i tuoi cari!
Il primo a destra nella foto era il mio zio pezzettino fratello del mi babbo!