Esistono, esistono davvero persone che t’accompagneranno per tutta la vita. E non è detto che tu debba aver con loro un rapporto di reciprocità. Magari han fatto parte d’un periodo (lontano) della tua esistenza; e ogni tanto ritornano a far capolino tra i ricordi, le senti rivivere in gesti e parole. Poi sorridi e in un batter di ciglia ti ritrovi piccino, col grembiule nero, tra i banchi di scuola. Così mi è accaduto stamani. Alle elementari — e quindi vi parlo di oltre 15 anni fa — ho avuto un insegnante di storia e geografia particolare. Maurizio. Uno di quelli che — davvero — non si scordano più, in cui le lezioni erano un concentrato di letteratura, filosofia, mito. In cui i personaggi della storia antica prendevano forma, in cui le penne consumavano la carta bianca e immacolata del quaderno, tra schemi, frecce, annotazioni e disegni. La storia di Ulisse naufrago oltre Gibilterra trovò spazio in un’ora di geografia, i misteri del mare nello studio dei fenici, Crono e Urano in digressioni estemporanee, magari a ricreazione, o di pomeriggio, sul tappeto magico del “giardino delle storie”. Nel quaderno di “Spazio”, in prima elementare, beccai la prima insufficienza, un ‘male’ scritto in penna nera: per la sprecisione, per la troppa furia di finire un esercizio a tratteggio. Ecco, giusto insegnamento: “La gatta frettolosa fece figli ciechi”. M’acquietai, perlomeno ci provai.
Il metodo e le interrogazioni si seguivano veloci, formavano, in uno studio affascinante, che addirittura bruciava le domeniche pomeriggio: sumeri, egizi, cretesi, laghi e fiumi, senza contare la conoscenza certosina della carte geografiche (e guai a chiamarle “cartine”). Retaggi che porto con me, che magari dico io stesso a lezione, senza saperlo. Due sera fa Carla mi ha telefonato dicendomi del nuovo “viaggio” che avava intrapreso: lontano, un po’ più solo, nella sua Vicenza. Me lo son rivisto in piedi sulla cattedra, con un maglioncino a righe, i capelli arruffati e la voce teatrale. A quest’infaticabile lettore, al Maestro, alla voce narrante dei Promessi Sposi, mi sentivo in dovere di dedicargli qualcosa più di un semplice pensiero, di una preghiera. Dovere comune di noi, mai sazi di “fiabe”.
*un ex alunno non proprio “modello”!