È una cronaca del pianeta Auschwitz. (…) Lì il tempo non ha la stessa unità di misura che ha sulla terra, ogni frazione di minuto si iscrive in una scala del tempo diversa. Gli abitanti di quel pianeta non avevano un nome, non avevano genitori e nemmeno figli. (…) Non vivevano — e neppure morivano — in base alle leggi di questo mondo. Il loro nome era: “Ka-tzetnik n.…(…)
Oggi ho trovato un po’ di pace raccontando. Spiego che, per sopravvivere alla brutalità, bisogna pensare positivo. Agire. Perché il male non trionfi.
(“Ka-tzetnik…”)