Vicende personali e non hanno impedito alla pulce di raccontare nei giorni scorsi qualche altra storia paesana ma eccomi di nuovo, ho preso carta e penna per raccontarvi di un altro luogo di questo meraviglioso paese a me molto caro: i giardinetti.
I bimbi d’oggi vanno ai “giardi” e non possono minimamente immaginare cos’erano e com’erano una volta. Per diverse generazioni di longonesi sono stati luogo di giochi, scherzi, incontri e scontri, un parco dei divertimenti naturale. Situati poco prima della piazza principale e dietro la chiesa adesso sono sicuramente un posto dove passeggiare o sedersi nelle panchine poste ai quattro angoli, con aiuole basse racchiuse da ringhiere in ferro, ma una volta si presentavano assai diversi. Prima di tutto c’erano i pini, per certi versi fastidiosi con le loro radici che alzavano le lastre poste a pavimentazione ma per altri indubbiamente comodi per l’ombra che facevano; c’era la “pompina” o “drago verde” dove bere, schizzarsi, riempire gavettoni ecc. Ciò che però ricordo di più sono i pomeriggi passati a giocare ai giardinetti con bimbi di ogni età. Già perché lì c’erano diverse aiuole separate da siepi ed una, quella che andava da dietro la casa del prete alle cabine telefoniche, era il campo di gioco principale per chi giocava a “palline”. Armati di biglie e boccioni di ogni colore si andava lì per giocare ore e ore, cercando di vincere qualche altra sfera di vetro o porcellana. Il gioco presentava diverse regole e varianti ma in sostanza consisteva nel “chioccare”, colpire, la pallina avversaria per impossessarsene, era fondamentale andare in buca, si poteva fare un palmo lasciando un semicerchio sulla terra, o due (vale allungassi al massimo) tutto per cercare di avvicinarsi alla pallina da colpire o alla buca da centrare. Ogni piccola sfera aveva poi un preciso valore di mercato, dato dai colori, dal materiale, c’erano quelle delle nazioni (dell’Italia della Germania ecc). Le dinamiche di gioco erano talvolta improvisaste e stabilite dai partecipanti, c’era chi proponeva il “tentate la fortuna”, cioè se riuscivi nella prova (andare in buca o in una scatola o altro) vincevi un bel bottino. C’era anche chi forse più interessato al guadagno che al divertimento o forse per puro spirito imprenditoriale gridava “vendo pallineee”. Insomma ce n’era per tutti i gusti e senza artefatti o tecnologie ci si divertiva veramente.
Prima di salutarvi vorrei ringraziare l’attento lettore che ci ha fatto notare come nell’ultimo articolo la pulce ha erroneamente associato giochi alla festa dell’Unità quando invece avvenivamo durante le manifestazioni dell’Unione sportiva… scusate anch’io perdo colpi.