Antonio Arrighi è prima di tutto una persona singolare che riassume in sé la schiettezza, l’ironia, l’assenza di peli sulla lingua e il senso pratico dei contadini di una volta e le mischia abilmente — di mescite e innesti lui se ne intende — con le caratteristiche tipiche dell’imprenditore: innovazione, dinamicità, curiosità di sperimentare, possesso di una visione personale e (cosa comune a entrambe le figure) una immensa passione per il suo lavoro, passione che non gli ha più lasciato tempo per il triathlon che lo aveva visto partecipare a eventi sportivi di rilievo come la traversata della Giordania e la “100 Chilometri del Sahara”.
Quel che certo è che, per continuare con le metafore campagnole, il frutto non cade mai lontano dall’albero: la sua è una famiglia di albergatori, suo nonno Tonino negli anni ’60, ai tempi del primo boom economico, costruì uno dei primi alberghi di Porto Azzurro (e Antonio ci tiene a sottolineate di essere venuto al mondo proprio in una di quelle camere), al quale in pochi anni se ne aggiunsero altri due. Negli anni ’70 l’Azienda Agricola Arrighi produceva vino, latte, carne e frutta per il ristorante dell’ hotel e, seguendo il destino di tutta l’isola quando, con l’arrivo del turismo di massa, iniziò il progressivo abbandono dei terrazzamenti trattati a vigna, aveva raggiunto il suo minimo storico di due ettari di superficie destinata esclusivamente al vitigno
Il suo primo incontro con la sua passione/professione avviene all’età di quattordici anni, quando il padre Sergio gli chiese di aiutarlo a imbottigliare il vino e sciacquare le bottiglie; negli anni ’80 diventa sommelier (attualmente è il delegato elbano dell’Associazione Italiana Sommelier) e passa ad occuparsi della vigna di famiglia con l’obbiettivo di produrre vini di qualità. Questa sua “visione” lo porta ad effettuare degli esperimenti e a investire una parte della produzione su nuovi vitigni, affiancando a quelle tradizionali elbane anche viti mai usate all’Elba; per tutto il corso degli anni ’90, avviando una sperimentazione decennale con la Regione Toscana e il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura, seleziona incroci tra vitigni di diverso tipo e provenienza geografica concentrandosi su quelli che nei 10 anni di vita hanno dimostrato un particolare adattamento all’ambiente climatico locale.
Oggi l’azienda si estende su 12 ettari (di cui la oltre metà adibiti a vitigno), in buona parte nel Parco Nazionale dell’ Arcipelago Toscano, con le vigne sulle colline che circondano il golfo di Porto Azzurro. “Facciamo il massimo per cercare di produrre vino di qualità — ha detto Antonio — ed esce solo nelle annate che io e la mia enologa Laura Zuddas ci guardiamo in faccia e diciamo ci piace, altrimenti diventa vino rosso”.
Ma il motivo principale per cui l’Azienda Agricola Arrighi si è fatta ultimamente notare e apprezzare dagli esperti e dagli appassionati di enologia è il recupero di trattamenti e metodi di produzione risalenti all’antica Grecia: “Incuriosito dai metodi di lavorazione e trasporto degli antichi Romani, decisi di testare l’evoluzione del vino in terracotta, e non più solo in legno o acciaio. Il vino per evolversi ha bisogno di respirare: l’acciaio è un ambiente riduttivo, che non favorisce la microssigenazione; al contrario sia il legno che la terracotta, essendo materiali porosi, favoriscono questo scambio, permettendo al vino di maturare, evolvere. Il legno, però, infonde nel vino svariati aromi, mentre l’argilla è neutra; di conseguenza la microssigenazione in anfora esalta esclusivamente i profumi e i sapori” (Ricordiamo che la microssigenazione è una tecnica in cui piccole quantità di ossigeno vengono somministrate al vino in modo lento e continuo, attraverso le pareti del contenitore, al fine di innescare in chi beve reazioni che portano al miglioramento della percezione dell’odore e del sapore del vino).
Questo progetto, chiamato Vinum Insulae, è stato introdotto al Vinitaly 2018 in occasione dell’evento organizzato dall’Associazione Italiana Sommelier e ha portato al vino Nexus, esperimento notevole anche dal punto di vista della sostenibilità e dell’ambiente per l’utilizzazione dell’acqua salata come antisettico, documentato dal regista Stefano Muti con un cortometraggio di 15 minuti premiato all’Oenovideo di Marsiglia.
Il sogno nel cassetto di Antonio è che si torni a parlare della secolare vocazione vinicola elbana, così da riconquistare lo spazio che merita come produzione di qualità, vocazione che risale all’antica Grecia e che prese un’ulteriore diffusione all’inizio del 1800 grazie alla Francia, di cui l’isola era territorio metropolitano, l’esportazione arrivava al sud della Francia, in Liguria, nella costa Toscana e nello Stato Pontificio.
La cantina Arrighi ospita spesso trekking nelle vigne, visite e degustazioni su prenotazione e si trova a Porto Azzurro in Località Pian del Monte. L’azienda produce anche Olio Extra vergine di oliva proveniente da circa trecento olivi di proprietà di età superiore ai 70 anni. Le varietà coltivate sono Moraiolo, Leccino, Frantoio. La raccolta è manuale, la frangitura a freddo.
http://www.arrighivigneolivi.it/
Questo video fa parte delle iniziative e dei progetti realizzati da Elbataste dal 2014 a oggi.
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Stefano Della Monica