La Locanda Cecconi, in via Ricasoli a Porto Azzurro, già di per sè si presenta come una sorpresa; dopo aver attraversato Piazza Matteotti — aperta sul mare e quasi sempre assolata e affollata — si prende a sinistra una via stretta e in ombra (pittoresca e stipata di negozietti e ristoranti) che si collega con il centro storico del paese e la si trova giusto alla fine.
Si tratta di una vera e propria osteria, sempre aperta, dove ci si può fermare a bere un bicchiere di vino accompagnato da un pezzo di formaggio o di salame e farsi una chiacchierata.
L’insegna, fatta con materiali di recupero delle miniere, ci introduce in una stanzona che ricalca fedelmente l’ambiente interno di un galeone, decorato con le creazioni pittoriche dell’oste Federico, anch’esse realizzate con materiali di recupero.
All’esterno sei tavoli protetti dal sole con una tenda. I piatti proposti — tutti provenienti dalla tradizione culinaria dell’isola — non sono tantissimi, ma sono tutti preparati con prodotti freschi di stagione praticamente a chilometro zero, preferibilmente forniti da piccoli produttori; non mancano taglieri di formaggi e salumi, dolci fatti in casa e cantucci da accompagnare con l’Aleatico dell’Elba.
Il menù non è fisso proprio a causa di questa esigenza di lavorare con i prodotti che ci si trovano sottomano giorno per giorno, non si ricorre ai surgelati, inizialmente non è stato facile far capire ai clienti perchè non ci fosse sempre disponibilità degli stessi prodotti — o la loro assenza nella stagione “sbagliata” — ma col tempo la moda del “Chilometro zero” ha giocato a favore della Locanda e i riscontri positivi non si sono fatti attendere. Nella carta dei vini, oltre a etichette di piccole aziende vinicole italiane e francesi, la parte del leone la fanno le migliori etichette isolane dei bianchi e dei rossi, in particolare i vini dell’Arrighi di Porto Azzurro, con il quale ha prodotto per l’osteria il “Longonese 667”, un bianco prodotto con uve locali Ansonica, Biancone e Procanico, senza aggiunta di lieviti, fermentato e affinato per sei mesi in tonneaux e imbottigliato senza filtrazioni (con etichetta elaborata da Federico).
Federico è “figlio — e nipote — d’arte”, dal momento che la sua famiglia è nel ramo della ristorazione dal 1973.
Questi video fanno parte delle iniziative e dei progetti realizzati da Elbataste dal 2014 ad oggi.
Foto di goelba.it