Questo è il racconto di una domenica delle Palme diversa dal solito e di cosa ho pensato io stamattina, prima, durante e dopo, di sottopormi al test del tampone faringeo. Naturalmente non vi parlerò della mia risaputa ansia, di cui vi risparmio. Sono arrivato in auto, come mi era stato prescritto. L’ansia mi ha detto, vai prima delle dieci, orario stabilito per il test, non si sa mai. Alle nove e trentacinque ero già lì. Ho parcheggiato correttamente la mia auto. Ho visto i miei colleghi in fila, a piedi. Sono stato avvicinato dal responsabile di zona della ASL dell’Elba. Mi ha detto che l’esame si poteva fare anche stando fuori dall’auto. Mi sono messo in fila. Parlavo con il comandante pro tempore della Polizia Municipale di Porto Azzurro, che poi, da anni, è il comandante della Polizia Locale di Capoliveri. Ci conosciamo da sempre, sono stato ai suoi ordini per tre anni, più di vent’anni fa, ho fatto il poliziotto municipale a Capoliveri. Ci stimiamo e ci vogliamo bene. Abbiamo discusso sull’eguaglianza e sul fatto che non ci sarà virus a renderci uguali. La gente arrivava in ordine sparso, qualcuno non rispettando la fila. È normale, non sarà un virus a renderci migliori, questo ormai è chiaro. Però devo constatare con gioia e soddisfazione, che solo chi è stato sempre un cretino, anche in questo caso si è dimostrato tale. Ogni tanto qualche cittadino chiedeva di essere sottoposto al tampone anche lui. Mi sono sentito un po’ in colpa e allo stesso tempo privilegiato. Privilegiato di cosa non lo so, io vi confesso il tampone non me lo sarei fatto, avrei ceduto volentieri il posto mio. Ma io ho contatti con altre persone e devo farlo. Una mia collega correttamente è rimasta in auto, aspettando il suo turno. Qualcuno, più di uno purtroppo ha fatto finta di ignorarla. A un certo punto mi sono imposto. Ho fermato tutta la fila e l’ho fatta passare. Mi sono messo in fila dietro la sua auto, stando a piedi. Nell’attesa osservavo, divertito, le smorfie di chi si sottoponeva al tampone. Poi il tempo si è fermato, mi sono isolato, la quarantena e tutta questa situazione assurda si è ripresa la mia mente. Non ho visto più nessuno accanto a me. C’ero io e cielo bellissimo. È arrivato il mio turno. Mi sono seduto su una sedia di plastica e buono, come un bimbo, mi sono lasciato infilare il tampone, un grosso cotton fioc, prima in gola e poi nel naso. Meno male, ho pensato, che non è stato fatto l’inverso. Prima di alzarmi e di salutare l’infermiere, ho guardato il sole e mi sono accorto di quanto è bello.…
Ciro Satto