Il secondo capitolo dell’esperienza di Filippo Randelli, capoliverese di adozione e cittadino onorario, ortopedico, ma anche di turno in un reparto COVID a Milano.
Finisce con queste toccanti parole:
Ora mi sento la febbre. Ho anche un dolorino al torace.
Dietro, in basso. A destra. Nulla di chè.
Suggestione? Ansia? Un pochino, inutile negarlo. Misuro. Rilevazione orale. Mi convince di più dell’ascella.
La rettale la lascio ai meno pavidi. Anche se è la più precisa.
Orale è più veloce. Sotto la lingua. Mi raccomando.
Beep Beep Beep. C’è. Riprovo. C’è.
Ma è lieve. Magari è solo stanchezza.
Ma di ché? Ci penserò domani mattina.
Non è vero. Ci penserò tutta la notte.
La notte è il regno dei pensieri negativi.
CAPITOLO 2 — MAI TRANQUILLI
Oggi è il Domani di ieri. In realtà in questo racconto, fatto “a tratti”, è passato un week-end.
Oggi è lunedì. L’ultima mia immersione, venerdì.
Il tempo è dei peggiori. Grigio. Siamo sempre a Milano. Anche se non sembra. Ci si sveglia a fatica. Forse perché la fatica maggiore è addormentarsi.
La notte è il regno dei pensieri negativi. La mattina di quelli postivi.
Mattina.
Penso alla mia famiglia. Sta bene. Dispersa. Ma bene. Mia moglie Laura lavora da casa e in più gestisce la casa. Ma come fa? Boh. Virginia non è mai andata così bene a scuola. 10 in biologia. Robe da matti. Giannino solo in casa di mia madre. Non oso immaginare come possa essere ridotta la casa. Però sono certo che Lui stia bene. Non ha alcun problema a stare da solo. Anzi. Penso a mio fratello Pietro. Il mio grande Fratello. Non ha mai smesso di lavorare. Il Gaetano Pini è un HUB.
Ha la responsabilità di portare avanti quello che rimane dell’Ortopedia (solo casi urgentissimi) e Traumatologia Lombarda. Insieme al Galeazzi e a Niguarda. San Donato è Full Covid. Rimane solo qualche paziente ortopedico operato e che necessita di controlli post-operatori.
Per fortuna vanno tutti bene. Mio fratello sta bene. Mia Sorella pure. E così tutti gli altri. Robertino, mio nipote, è rientrato appena in tempo da Londra ed ora è a casa con la mamma Michela, i gemelli e Giovanna, la “peste”. Strano scrivere “peste” in tempo di “covid”.
Mia madre, 77 anni, sta meglio di tutti.
Si trova all’Elba da domenica 23 febbraio. Sembra un’altra epoca.
Ha però qualche difficoltà a connettersi con il centro tibetano di Milano per assistere, in streaming, alle sue amate “lezioni di saggezza”. Difficoltà che mettono a repentaglio “internet a livello globale”.
Come faccio a saperlo? Una telefonata, Stati Uniti, ieri. Washington. Qualche mio collega che chiede notizie? Sono molto preoccupati negli States. Di solito mandano mail o messaggi Whatsupp. Invece è Google. Incredibile. Una voce automatiche mi fornisce un codice di sicurezza e poi, faccio
un po’ fatica a capire … ”Mediterranean sea”.
5 minuti dopo, forse meno. Chiama mia madre. L’Elba e nel Mediterraneo…
Voce angelica. Distratta. “Non so come, ma il computer mi chiede un codice. Io non ho fatto nulla…”. Siiiii, come no.
Ad un certo punto della vita i ruoli genitori-figli si invertono. Il vero momento della nostra maturità.
In questo caso no. Mia madre di computer ne ha sempre saputo meno di me.
Il mio account Google si sistema. Lo streaming del centro tibetano Ghe Pel ling no. Continua a non funzionare. Mia sorella Gemma non c’era. Forse è per quello?
Faccio proprio fatica ad alzarmi dal letto. E penso.
Penso all’amico Gennaro Fiorentino. Lo conosco dal 2001. Traumatologo e chirurgo dell’anca, come me. Napoletano di Parma. Responsabile Trauma dell’Humanitas Gavazzeni. BERGAMO. Colpito dal nemico. Sul campo. Non si è piegato. Ha reagito. Ha vinto. Penso alla foto che mi ha mandato. Ritrae
un altro eroe dei tempi moderni. Mario Arduini. Amico. Romano. Lavora con Gen. Esperto di fratture dell’acetabolo e lesioni del bacino. Si, sono due cose diverse. Molto complesse.
Fotografo: Gennaro. Soggetti della Foto: Mario e Aurora Zumbo. Specializzanda di Medicina Interna, di un altro Ospedale, Volontaria. Messinese. Che bel nome Aurora. Gen è d’accordo. Per Gennaro Aurora è un genio della Medicina! Onore a Voi Gennaro, Mario e Aurora.
A Bergamo sono nati i primi Ortopneumologi. Per necessità. Per virtù. Per Coraggio.
Poi la foto di Gen. Non posso non metterla. Ho sorriso. Anche nella tragedia si può sorridere. Non vuol dire beffeggiare. Un modo per ridurre la tensione. “Ma sei grande tu o è piccolissimo il letto?” Gli scrivo. “Un po’ e un po’ 😂”, risponde.
Giudicate voi …. Ora Gen sta BENE!!
Torniamo al domani di ieri. Oggi.
Oggi è il mio turno in COVID. Arrivo per ultimo. Vergogna. Federica e gli altri sono già lì per il briefing.
C’è il Dr. Andrea Califano. Nella vita è un Chirurgo Bariatrico. Dell’Obesità. Taglia pance. Di Reggio Calabria. Ho sbagliato a riconoscerne l’accento. Troppo simile a quello Messinese. Che avevo individuato.
Califano. Penso subito a “🎼🎼…tutto il resto è noia …” e mi viene in mente Francesco Falez. Mi ha rincuorato, facendomi conoscere questa canzone, in un brutto momento della mia vita. È il Presidente degli Ortopedici Italiani. Si sta dando molto da fare anche Lui. Cervello fino. Elegante come solo i Romani, i Napoletani e i Siciliani dell’alta società sanno essere. Gli manca un po’ di altezza fisica. Nessuno è perfetto.
Aurora Zumbo (internista a Bergamo) e Andrea Califano (Chirurgo a San Donato) …In questo racconto abbiamo già i due lati dello Stretto. Però! Forza Italia!! Unita.
Poi oggi c’è il Dr. Giacomo Bortolussi. Nella vita taglia cuori. Cardiochirurgo. Venezia. Si capisce subito. Un Signore Giovane.
Poi Andrea Giachi. Giovanissimo. Specializzando in Medicina Interna. Primo anno. Ma ne capisce parecchio di Covid. Ha iniziato presto ad occuparsene. Con l’entusiasmo che solo un giovane Medico può avere. Ha tappezzato tutto lo studio medici, la “ricarica”, di tabelline per la gestione dell’Ossigeno, dei livelli di FiO2 delle maschere Venturi e dei protocolli COVID. Le tabelline dell’Ossigeno assomigliano tantissimo a quelle della decompressione. Colorate.
Manuel Mazzoleni è arrivato prestissimo, come sempre. Ha tagliato i capelli. Decespugliazione. Una vendetta della fidanzata probabilmente. Macchinetta, senza pietà. Tutti gli dicono che sta bene. Io taccio.
Poi un giovane Cardiologo, Gaspare Cannone. Trappeto, tra Trapani e Palermo. Cardiologo interventista. Uno dei figli putativi di Francesco Bedogni. Qui a San Donato il CUORE conta. Gaspare servirà da lì a poco. Un altro mio amico, dello stesso gruppo e delfino di Bedogni, Mauro Agnifili, come molti altri, sta lottando contro il virus, ricoverato in un altro ospedale.
Nel nostro gruppo ci sono anche, ma oggi non li vedo, Giuseppina Granata (Cardiologa), Tanya Salvatore (specializzanda di Cardiologia), Francesco Grimaldi (Cardiochirurgo), Giulia Conti (Cardiologa), Alessandro Vella (Cardiologo) e molti dei miei collaboratori Ortopneumologi, Fabrizio Pace, Michele Monteleone, Sara Favilla, Alberto Fioruzzi, Natale Zamberletti, Tom Ikonomidis ………
I miei specializzandi, tranne Manuel con noi al 4°B, sono nei reparti Covid al corpo C, da tempo. Sono stati tra i primi a parteciparvi, volontari ed entusiasti, con il consenso dell’Università e dell’illuminato Prof. Giuseppe Peretti. Sono Martino Viganò, Alfonso Liccardi, detto scherzosamente Treponema, a causa della sua bellezza e quindi facilità di relazioni amorose, e Sara Salvadori. Mitici.
Il Dr. D’Anna. Il mio pilastro. Ortopedico. non c’è. Malato. Covid. Ancora a casa. Sta meglio. Tornerà appena possibile. La settimana prossima. Deve aspettare due tamponi negativi. Sarà dimagrito? Tutti lo pensano ma nessuno osa chiederlo.
Da noi, sfortunatamente, non ci sono Aritmologi. Tutti impegnati in altri reparti Covid o nel portare avanti l’attività clinica. San Donato è HUB per l’aritmologia. Buon per me. Il mio cuore è aritmico. In questi giorni. Ma Carlo Pappone mi ha tranquillizzato. Ti passerà. Pappone è il deus ex macchina, il
re dell’aritmologia. Ruvido. Spiazzante. Concreto all’eccesso. Senza peli sulla lingua. Ma è l’uomo che vorresti avere dall’altra parte. Come paziente dal cuore ribelle dico. E probabilmente, a vederlo, anche a cena non deve essere male. Absit injuria verbis.
Io sono, senza dubbiamente (grande Cetto!), il meno esperto di tutti, in questo Diving.
Potrebbe sembrarvi un’armata Brancaleone ma invece è un team eccezionale.
Ma in quale posto al mondo lavorano insieme così tante diverse competenze mediche?
Impossibile in tempo di pace. Ma siamo in guerra. Che guerra!
Il nemico lo conosci solo per sentito dire. Mai visto in faccia. Né spero di vederlo! Conosci bene le sue vittime. Certo. I danni che ha provocato. Alcuni molto particolari. Inaspettati.
Non conosci il “come”. Come li provoca questi danni? Questa è la chiave di volta. Tutti la stanno cercando.Tutti.
Oggi un mio amico Ortopedico, Renato la Forgia, Bari, ha trovato delle analogie tra i pazienti Covid e alcuni pazienti con protesi articolari che sviluppano una reazione abnorme ai materiali di usura. “Dobbiamo studiare i sani!” mi whatsuppa. “O meglio, chi ha preso il Covid ed è rimasto sano!” Sono d’accordo. Ma ora siamo in guerra.
Cerchiamo prima di salvare i feriti.
La vestizione ha inizio.
C’è una nuova muta per l’immersione di oggi. Una tutona. Arriva che molti di noi sono già vestiti.
Appena consegnata in ospedale. Nonostante gli sforzi di tutti, farmacia, ufficio acquisti, magazzino, arriva con pochi secondi di ritardo. Sarà mica un segno del destino? Non potrò mai staccarmi dalla scaramanzia. La mia condanna.
La porta Francesca, infermiera, moglie di un mio “amico” infermiere di sala operatoria, Nicola Massafra, con cui ho vinto tante battaglie da 19 anni a questa parte a San Donato. Chissà dove è Nicola adesso? Cosmin, Lucrezia e Flò, infermieri professionali-strumentisti di 1 livello dedicati all’Ortopedia sono impegnati nelle terapie Intensive e nei reparti Covid. Come tutti, qui ed in tutta Italia, si adattano e combattono. Per gli altri.
La tutona, una di quelle bianche tipo Cina, o imbianchino, è enorme. La Dr.sa Federica Poli ci naviga dentro. Non va bene avere troppi fronzoli. Possono impigliarsi, creare brecce. Come in una immersione, ricordate.
Le faccio una pince casereccia, dietro, aiutato da “San Cerotto” (così si chiama in ospedale), di seta bianca, of course. Creo una sorta di codino, tipo coniglietta di playboy. Si ride. Meno male.
Io rimango con la mia tenuta da chirurgo ortopedico. Sono più a mio agio. So come muovermi.
Ricordi di un recente passato che sembra un’altra vita. Il collo poi è completamente coperto dallo scafandro. Bene. La parte di cui ci accorgiamo meno. Il collo.
Ci aiutiamo a vestirci a vicenda. Normale. Dietro non abbiamo occhi. Idealmente nulla deve rimanere scoperto. Io aiuto Califano… “🎼🎼…tutto il resto è noia …”. Vi prego riascoltate quella canzone. È così spensierata sentita oggi.
ATTENZIONE. Quando ti vesti devi pensare anche alla svestizione. Non devi rendere le cose difficili.
Altrimenti ti contamini, svestendoti. Una beffa. Sarebbe.
Siamo pronti.
Califano e Bortolussi lato corto. Federica Poli “Coniglietta” e Randelli “Palombaro” lato lungo.
Mazzoleni, Giachi, Cannone sulla barca. Sempre in contatto. Ognuno davanti ad un computer.
Scrivono le “consegne”, richiedono esami, modificano le terapie, chiamano l’anestesista, se necessario etc.…
Nessun Palombaro o Sub di profondità si immerge senza qualcuno in superficie. O almeno la maggior parte.
Entriamo.
Oggi l’inizio è meno traumatico. La prima stanza.
A sinistra. Donna, Signora di 40 anni, entrata in reparto il giorno prima. Sintomatica. Un cliché che leggo dalle consegne appena stampate da Manuel prima di immergermi. Le porterò in immersione con me, ma non usciranno più. La carta rimane dentro. Tutto rimane dentro, o quasi. Ciò che esce deve poter
essere sterilizzato a fondo. Non è il caso della carta.
Il cliché sintomatologico: Tosse e Febbre. Diarrea. Tampone positivo. Anamnesi patologica muta (donna giovane e sana che non ha mai avuto nulla, né fumato, né bevuto o altro).
Lei è tunisina. Di bell’aspetto, anche in questo frangente. Molto educata. Timida. I capelli coperti. Designer.
Respira bene! Alle RX del torace solo lievi segni di polmonite. Indici infiammatori appena aumentati.
Allora scherzo un po’. Mia moglie Laura è una graphic designer. Mi è facile. Scopro di più.
Suo marito, due camere più avanti, è un Medico. Non solo. Del mio Ospedale. Un Rianimatore. Un “Angelo” che è caduto in acqua. Si è immerso. Sprofondato. Involontariamente.
Lo conosco da anni. Terapia Intensiva post-operatoria (TIPO). Ora dedicata ai Covid anch’essa. Un Buonissimo. Certo un po’ sovrappeso. Non che io sia una silfide, intendiamoci.
Maschio. Aggravante. Lei sarà presto dimessa. Salvo scherzi della Bestia. Talvolta, sfortunatamente, li fa.
Lui no. Non uscirà. Ma non va male.
Cambiamo stanza. E rivedo il mio amico piastrellista di Palermo.
In realtà è un TAPPEZZIERE. Maledetta memoria.
C‑PAP con maschera. Non casco. Vivo è! Però i valori sono così così. P/F 75. Era 90. Dovrebbe essere 400……… Morale ancora alto, la voce più fioca. Si sente male durante le immersioni. Troppe cose tra la sua voce ed il mio orecchio. Troppi rumori. Chissà perché ma sono fiducioso. I parametri non troppo. Dai che risali, dai! Aggrappati a me. Bastasse questo. Ma sono positivo per Lui.
Altra stanza. Non ci si può fermare. Verrebbe voglia. Umanamente. Ma il Medico va avanti.
Nuovo ingresso. Uomo, 55 anni, già trapiantato di midollo per linfoma. Che sfiga. Febbre e diarrea. 11 giorni di calvario. Addensamenti bilaterali. Ma va bene! Satura 99% con soli 2 Litri di Ossigeno.
Quasi meglio di me. Anzi certamente meglio di me, ora.
Uso il saturimetro sul mio dito fortunato, l’indice. Segna 98%.
Ho due paia di guanti. Sarà attendibile?
L’ho fatto perché mi sentivo un po’ soffocare. Perché?
Si era spenta la ventola del mio scafandro. Forse non ho avvitato bene il connettore della batteria. Pirla. Di solito me lo fanno gli altri. Ma dove sei Cosmin?
Riparte, da sola. Miracolo. Anche perché la batteria è nascosta da 3 strati. Impossibile riattivarla senza ricambiarsi tutto.
Quest’Uomo ha lo stesso cognome, che non posso dire, chiaramente, di un giocatore di calcio della mia infanzia. Su questo scherziamo insieme. Il Paziente in primis. Poi ci facciamo seri. Devo comunicare il cognome con il walkie talkie per poi trasmettere i suoi dati clinici. Saturazione etc. Dati buoni. Appena finito di enunciare il cognome si ode, dall’altra parte, un chiarissimo …. Olè!
Molti di noi tengono alla stessa squadra…
Non dirò mai quale. Qui si tifa l’Italia.
Arriviamo nella stanza del nostro “Angelo”. L’Anestesista Rianimatore. Non sta male ma anche Lui, come quasi tutti, è in Ossigeno. 4 L. Essere costretto all’Ossigeno per chi l’Ossigeno è abituato a metterlo agli altri ha un altro significato.
Si tende a dimenticare tutti i Pazienti che si sono salvati grazie al prezioso elemento e ci si concentra su chi non è più risalito.
Humanum est.
Incredibile! Un ortopedico che rincuora un anestesista sulla bontà dell’ossigeno e sul non dar peso alla sua attuale, e temporanea, necessità. Siamo ormai su un altro pianeta.
Apprensione per la moglie. Lui l’ha unta. Dice. E forse non si dà pace. Ma Lei sta bene!!! Lo ripeto a gran voce. Gli occhi sono lo specchio dell’anima. I suoi certamente. Ora. Promette di dimagrire. A me? Che ho preso 12 Kg in 2 mesi! Ricordo una frase, appena letta, di Erma Bombeck… “Oh Dio, se non puoi farmi dimagrire, fai almeno che i miei amici ingrassino.” Rido.
Credo che un po’ tutti stiano ingrassando, chiusi nelle loro case. Ma meglio così. Sempre la Bombeck… “Penso a tutte quelle donne sul Titanic che hanno detto, ‘No, grazie’ al carrello dei dolci. E per che cosa?!” Ora rido meno.
Dentro e fuori. Varie camere. Diverse profondità. Nessuno vicino al fondo. Siamo ormai nella stanza 17.
Dopo il “viola” viene il “17” nella top ten familiare della sfiga. Letto 1. Conosco ormai bene il giovane paziente. Maschio e sovrappeso, neanche a dirlo. In procinto di
riemergere. Almeno lo era. Non sta bene. Ha un dolore addominale. Forte. Si rigira nel letto. Non mi piace.
Palpo l’addome. Ha un segno caratteristico, all’esame clinico. Il segno di Murphy. Murphy sarà lo stesso dell’omonima legge «Se qualcosa può andar male, lo farà.»? Per me sì.
Il segno di Murphy era, fino a quel momento, un ricordo ben nascosto nei meandri del mio cervello.
Ma appena ho visto quel giovane sofferente è riemerso. Lo eseguo. Palpo l’addome nel sito, nei tempi e come ho imparato mille anni addietro. Non ho grandi dubbi. Colecistite acuta.
Chiamiamo il Dr. Califano. Abbiamo un chirurgo generale con noi!! Di là. Lato corto del reparto.
Ma non sarà un infarto? Il COVID prende anche il Cuore. Bedogni et Pappone docent. Abbiamo un Cardiologo con noi!!! Gaspare Cannone. Viene eseguito un ECG. Ma come farglielo avere? Facile. L’oblò. Lo guarda attraverso. 4–5 secondi.
Non di più. Non è un infarto!!!! Cuore OK.
Per l’esame di stato americano ho dovuto ristudiare l’ECG. Per me erano e sono linee quasi incomprensibili. Ma come fanno? Boh. Arriva Andrea, Califano. Arriva dal lato corto. Emersione dal lato corto e nuova immersione nel lato lungo. Visita. Conferma. Colecistite. Federica Poli si attiva. TAC.
Dr.ssa Nocerino. Radiologa. Raro esempio di capacità diagnostiche, concretezza, cinismo e bontà.
Convivono in Lei. Come? Non lo capirò mai. Una amica. Mi basta. Dr.ssa Nocerino. Diagnosi confermata.
Urgente. Dr. Asti. Chirurgo sopraffino. Intervento. Pavesi anestesista. Bene. Fiùù. Che fortuna, per il paziente, essere a San Donato, oggi!
Breve giro tra i reduci. I redivivi. Chi è stato in Terapia Intensiva. Ne abbiamo almeno 3 in reparto.
SI PUO’ GUARIRE ANCHE DAGLI STADI PIU’ AVANZATI.
Non tutti. Certo. La metà? Speriamo. Lo sanno bene i 4 Marchi e gli altri Angeli. Marco Ranucci, Dei Poli, Pavesi e Resta.
Gli angeli degli angeli. Uno più duro. Ma se gli guardi gli
occhi capisci che soffre anche Lui quando deve decidere chi può avere una chance in più. Un altro Marco è molto religioso. Non lo sapevo. Lo scopro ora. Ma come fa a giustificare tutto questo? Non lo so. Ci provo anch’io.
Il redivivo. Uomo. Crema o Cremona. Meccanico. 59 anni. Ricoverato per insufficienza respiratoria il 13 marzo in un altro ospedale. Lì intubato e posto in Terapia Intensiva. Poi, dormiente, portato da noi. Il 22 marzo torna alla vita. Il 24 in reparto. Irriconoscibile. Il volto tumefatto. Soprattutto intorno
agli occhi. Poi una enorme sofferenza cutanea frontale.
Pronato a lungo.
Crisalide. Ora è nuovamente una farfalla. Sta facendo la fisioterapia. Deve reimparare a vivere. A respirare.
Quasi a galla.
SI PUO’ GUARIRE ANCHE DAGLI STADI PIU’ AVANZATI. C‑O-R-A-G-G-I‑O!
Finalmente il turno della mia “amica” milanese, che parla solo in dialetto. Non mangia. Nonostante vada abbastanza bene come respirazione, non mangia. Sempre energica ma un po’ meno, almeno all’inizio della mia visita odierna. La famiglia non può accoglierla. Difficile isolare una donna con demenza
senile di 92 anni. “Damm a trà giuinott, vöj andà a Cà”. Allora decido. Azzardo. “Signora, non può andare a casa. Ha il virus ancora in corpo e infetterebbe tutti i suoi parenti!”. Non l’avessi mai detto. “Se ghè sto VAIRUS? (Cos’è questo virus? — pronuncia inglese quasi perfetta)” “El se vedet no!” (non
si vede) “Se ghè, se ghèèèèèèèè!!!! VAIRUS, VAIRUS!! E poi … “ma va a ramassaa el mar! (vai a scopare il mare – modo energico per mandare a quel paese qualcuno). “Ti te me cuntet su di ball perché te see on sgonfion” (Tu mi racconti le bugie perché sei un buono a nulla). Un disastro. Però oggi capisco meglio. Grazie Beppe Gioia. Maestro assoluto di chirurgia e… Milanese. Speriamo possa andare a “cà soa” il prima possibile. Meglio per tutti.
Penultima camera. La più triste di oggi per me.
La Signora ansiosa, ricordate. Anziana. Non va bene.
Anzi va malissimo. Saturazione 85 in C‑PAP. P/F 54. Malissimo. Stranamente tranquilla. Nove farmaci diversi. Nulla. Sono certo che stia per toccare il fondo. Almeno lo farà senza l’ansia. La morte non mi fa paura. Almeno la mia. Quello che temo è il modo. E quella degli altri. Lei sembra serena ora.
Non è poco essere sereni in questo momento. Non sono cinico. Si chiama il rianimatore.
Penultima camera. Bergamasco. Giovane. Maschio. Cambio di profondità. Di poco. Solo un po’ più giù. Soprattutto il morale. È stanco. F‑O-R-Z‑A!! Allora mi applico nel prestigio. Monto una maschera di Venturi “verde” (speranza) come se non avessi fatto altro nella vita. Era la prima. In realtà è molto facile. Basta connettere tubi e tubicini. Unico problema le stringhe elastiche. Sono proprio stringhe. Difficile capirne la lunghezza. Facile passare dalla caduta della mascherina all’ulcera da pressione.
ULTIMA CAMERA. Giovane DONNA. Sovrappeso. Emersa. Nonostante il pigiama viola. Senza non si
sarebbe neanche ammalata, probabilmente. Pensa la mia scaramantaMENTE. Andrà in una struttura ricettiva alberghiera messa a disposizione dalla regione. 14 giorni. Poi nuovo tampone. Se NEGATIVO. Libertà. Vita. Nuova. Spero senza pigiama viola. Me lo promette. Non le credo. Non importa.
Finita anche questa immersione.
Sono stanco. Ma non fisicamente.
Mi chiama Manuel. In sala gessi. Vedo un altro giovane libico. Una tragedia. 16 anni. Esploso su una bomba il 25 novembre 2019. Suo padre sta morendo in Libia per un tumore. Non vi sto a descrivere come è arrivato da noi, ormai nel lontano 30 novembre 2019. Il miglior chirurgo plastico ricostruttivo
che abbia mai solcato questa terra, il Prof. Vaienti, lo ha operato 12 volte. Ne ha ricostruito i tegumenti, disfatti. Noi le ossa insieme al mitico Dr. Maltsev. Ha infettato anche un chiodo
antibiotato. Va meglio ora ma non è ancora guarito. Ci vorranno mesi e mesi. Ancora. Ma è un miracolo. L’indicazione iniziale era una amputazione bilaterale di gamba. A 16 anni.
Uscendo dall’Ospedale incontro un’altra eroina dell’I.R.C.C.S. POLICLINICO SAN DONATO. Il fulcro.
Condivide con Federica Poli la magrezza, la preparazione e l’amore per l’altro. Null’altro. La nostra Infettivologa. Laurenzia Ferraris. Umile e riflessiva. Pacata.
Mi aggiorna, su mia richiesta, sullo stato delle terapie farmacologiche. Mi sono accorto che abbiamo iniziato a dare degli antiinfiammatori molto noti a noi ortopedici. Cox‑2 inibitori selettivi. Sono nati insieme a me.
O, meglio, io sono nato “ortopedicamente” con loro. Anno 2000.
Nel mio periodo di studio a New York ho partecipato, por pochi giorni a dire il vero, ad una sperimentazione clinica di questi farmaci. Sui conigli. Non mi piaceva sperimentare su animali. Ora non mi dispiacerebbe. Faccio molta fatica nell’assistere a questa Umana sofferenza. Tutto è relativo.
Mi chiedo, tra me e me, velocemente, quando tornerò a fare l’Ortopedico. Ma non mi sembra opportuno. Anche il solo pensiero un po’ mi disturba e mi turba. Allora penso quando a quando potrò tornare a dei sonni normali, tranquilli.
Ma siamo in guerra ed in guerra non si sta mai tranquilli.
Mai tranquilli, Mai Paura! Il motto di Marco Berlusconi. Tra i primi traumatologi italiani. Un amico. Caro. “Sposato”, non ancora, con un Angelo!
Ricevo, tramite Barbara Mele, una mail da un mio paziente. 91 anni. Operato ai primi di febbraio. Artrosi all’anca.
Non camminava più. Sta bene!! Si scusa. Non potrà venire in questo periodo per il controllo. La “malaugurata pandemia” scrive. Si preoccupa per noi e ringrazia per lo splendido
trattamento ricevuto. Che forza. Classe 1928. Che uomini!
Questo maledetto sta cercando di portarceli via tutti.
Non riuscirà.
Mio Zio Mario è del 1927. Ortopedico. Il Decano dei Randelli. A casa. Bravo e saggio. Da sempre.
Ercole Pignatelli! Maestro! Stai a casa. Dipingerai in un altro momento. Hai pure la spalla rotta.
Ora mi sento la febbre. Ho anche un dolorino al torace.
Dietro, in basso. A destra. Nulla di chè.
Suggestione? Ansia? Un pochino, inutile negarlo. Misuro. Rilevazione orale. Mi convince di più dell’ascella.
La rettale la lascio ai meno pavidi. Anche se è la più precisa.
Orale è più veloce. Sotto la lingua. Mi raccomando.
Beep Beep Beep.
C’è. Riprovo. C’è.
Ma è lieve. Magari è solo stanchezza.
Ma di ché? Ci penserò domani mattina.
Non è vero. Ci penserò tutta la notte.
La notte è il regno dei pensieri negativi.