Quanto conosciamo del coronavirus qual è la sua origine e quanto sono esatte le informazioni che ci arrivano?
Le fonti d’informazione piu’ affidabili sono le pubblicazioni scientifiche divulgate su riviste specializzate di prestigio. In queste, ciascun articolo è certificato, verificato e controllato da esperti mondiali , che sono capaci di trovare eventuali falle o errori, perché nella ricerca scientifica ci sono ricercatori che fanno bene anzi benissimo il loro lavoro, ma non è impossibile fare qualche errore, quindi ciò che è pubblicato su queste riviste è assolutamente affidabile.
Sull’origine di questa pandemia, le pubblicazioni fatte finora, dimostrano chiaramente che l’origine di questo virus non è per niente una manipolazione di laboratorio come è stato divulgato da alcune notizie via internet, ma al contrario, si tratta di un virus assolutamente naturale emerso molto probabilmente dai pipistrelli, che hanno circa 200 specie diverse di coronavirus, poi è passato a un ospite intermediario e poi da qui all’uomo. La questione più importante per quanto riguarda l’emergenza del virus è capire dove si sia verificata la mutazione. Dicevo, questo è un virus naturale perché le sequenze del materiale genetico (RNA) sono tali da escludere una manipolazione di laboratorio. La questione è comprendere dove siano insorte le mutazioni che hanno reso questo virus così contagioso e pericoloso. Gli scienziati per esempio stanno cercando di capire se la mutazione sia avvenuta nell’ospite iniziale, nell’intermediario o addirittura nell’uomo. Certe mutazioni sono pericolose perchè rendono il virus non attaccabile dalle difese immunitarie che abbiamo già. Il coronavirus è un virus che esiste in quattro “generi” (alfa, beta, gamma, delta), e quattro delle specie (due del genere alfa e due del beta) sono endemiche e causano il comune raffreddore. Sono già diffuse in una grande parte della popolazione, che quindi ha già delle difese immunitarie pronte. Per quanto riguarda il valore delle informazioni, le pubblicazioni su riviste scientifiche specializzate sono di difficile comprensione per i non addetti ai lavori, ma i giornalisti dovrebbero affidarsi soprattutto agli scienziati. E gli scienziati dovrebbero cercare di fare uno sforzo per cercare di comunicare in modo semplice dei concetti e dei dati che a volte non lo sono. Quindi è importante diffidare di tutto quello che non è scientificamente provato, e anche accettare il fatto che la scienza non può dare tutte le risposte, perché ancora non si conoscono molte cose su questo virus.
L’Italia ha adottato per tempo tutte le misure necessarie a limitare la pandemia? Ci sono stati ritardi e se si per quale motivo?
Vedendo ciò che hanno fatto le autorità svizzere e degli altri paesi europei, mi sembra di si. Qualcuno si è orientato verso una strategia di più o meno allineamento, penso alla Svezia dove ci sono delle raccomandazioni e non degli obblighi. Poi ci sono le misure estreme come quelle dell’ Italia e della Francia dove ci sono delle limitazioni fortissime. Credo che ciò vada correlato
alla disciplina delle popolazioni. In Italia il Governo, mi sembra, ha agito in tempi giusti, ma non penso che in un momento delicato come questo si possa fare una speculazione politica. Ho avuto notizia di una lettera sottoscritta da molti scienziati italiani e inviata al Governo, e sono completamente d’accordo con loro sul fatto di dover implementare soprattutto delle strategie di test e di diagnosi più estese possibili come per esempio è stato fatto nel Veneto o anche in altri paesi come la Corea del Sud o Singapore, perché questo permette di identificare non solo i casi positivi sintomatici, ma anche gli asintomatici che possono comunque essere contagiosi. Non dimentichiamoci che uno studio su “Science” stima, sulla base di dati epidemiologici di gennaio che vengono dalla Cina, che 4 casi su 5 di quelli documentati sono stati contagiati da persone asintomatiche. L’ infettività di questo virus è molto alta. Poter fare molti test permetterebbe di “liberare” quelle persone per esempio che hanno già visto il virus che non hanno avuto sintomi o che magari li hanno avuti ma che hanno superato la malattia e hanno anticorpi. Questo darebbe una mano anche all’economia, il cui “blocco” è un altro grande problema dovuto alla pandemia. Molte attività potrebbero essere messe in ginocchio se dovesse continuare così per molte settimane o mesi.
A questo proposito, certo nessuno ha la sfera di cristallo però quando secondo lei, potremmo uscire da questa situazione?
Sono normalmente una persona ottimista, e in questo caso, sono già stati approntati dei test, con cui si possono identificare le persone coperte da immunità che potrebbero già tornare alle normali attività. Poi ci sono i vaccini che sono in corso di sperimentazione e preparazione in moltissimi centri di ricerca. I tempi per i vaccini sono relativamente lunghi, ma presto si potranno identificare gli anticorpi con test appositi e si potranno così identificare le persone da “liberare”. Si deve vedere anche come questa strategia di confinamento agisce sulla curva dei nuovi casi, con lo scopo di evitare l’ingorgo del sistema sanitario. Io non posso darle delle date precise, però sembra che in Italia la situazione dei nuovi casi si sia stabilizzata da qualche giorno, quindi già questo plateau fa pensare che non siamo in fase di aumento logaritmico esponenziale e possiamo pensare che fra due tre, quattro settimane si comincerà a vedere una discesa del numero di questi casi. A quel punto si potrebbe pensare di isolare solo le persone sopra i 65 anni, lasciando i più giovani alle normali attività. Questa non è solo la mia opinione ma anche quella di epidemiologi che sono anche molto più qualificati di me nel fare commenti su questo aspetto.
Contestualizziamo il suo intervento: lei è un amante dell’Elba, qui ha una residenza e qui ama trascorrere tutto il suo tempo libero. Come vede la situazione sull’isola?
I pochi casi diagnosticati sono stati legittimati da test di positività , non so quanti pazienti totali siano stati testati, diciamo però che l’analisi statistica epidemiologica richiede di sapere esattamente il numero dei casi testati, quelli positivi e quelli negativi. Solo con i test si può capire se ci sono molti altri positivi che magari non hanno sintomi o altri positivi con sintomi magari talmente leggeri che non hanno spinto la persona ad andare a richiedere un test. Quindi il numero di casi testati positivi secondo me è un numero che come tutti gli altri numeri dati, va contestualizzato perché non corrisponde sicuramente al numero vero di persone che sono state contagiate. È stato stimato che i numeri positivi reali, rispetto ai casi testati positivi, dovrebbero essere dieci, forse anche venti o più volte superiori, e quindi probabilmente ci sono in realtà qualche centinaio di persone positive all’isola d’Elba, la maggior parte senza sintomi, e che svilupperà o ha già sviluppato anticorpi, quindi sono persone ora protette, ma in parte anche potenzialmente contagiose.
Poi dal punto di vista dell’evoluzione futura come sottolineato da molti bisogna che il virus non abbia più la capacità di diffondersi rapidamente, e questo sarà possibile solo quando una certa percentuale di persone in un qualsiasi tipo di popolazione verrà contagiato. E’ chiaro che un ‘isola è un mondo un po’ a parte e che se in altri territori la popolazione avrà incontrato il virus in una percentuale che varia dal 40% al 70% magari senza accorgersene, nell’isola la percentuale sarà inferiore per la conformità del territorio e per il fatto di essere isolati.
Il prossimo futuro, quello turistico per l’isola d’Elba è tutto da decifrare?
Le vacanze di Pasqua sono perse, mi sembra abbastanza chiaro, è troppo a breve termine. Sicuramente non sarà aperto nemmeno tutto appena dopo Pasqua, come suggerito da Renzi. E’ ancora troppo presto, forse fine maggio primi di giugno ci saranno delle notizie più positive, se nel frattempo ci sarà una caduta della curva del numero di positivi giornalieri e ci sarà soprattutto più immunità di popolazione. Questo, ripeto, sarà possibile determinarlo solo con i test di anticorpi. Per esempio, qui a Ginevra hanno messo a punto nel laboratorio di diagnostica virologica dei test anticorpali che cominceranno ad essere applicati al personale sanitario dell’ospedale per poter identificare i dottori e gli infermieri che sono già protetti dall’immunità, e che quindi non rischiano troppo a lavorare nei reparti dei malati di Covid 19. Il prossimo futuro quindi ci riserverà ancora delle misure restrittive, e speriamo, dei dati epidemiologici e dei progressi nella diagnostica che permetteranno di salvaguardare la capacità del sistema sanitario di occuparsi al meglio della salute della popolazione, e al tempo stesso permetteranno di riattivare le attività economiche come il turismo, da cui dipendono molte persone in Italia.
*Sandra Citi si è laureata in Scienze Biologiche e in Medicina e Chirurgia all’Università di Firenze, e ha ottenuto un Dottorato (PhD) in Biologia Molecolare al Laboratorio di Biologia Molecolare del Medical Research Council, di Cambridge (Inghilterra). Ha insegnato e diretto gruppi di ricerca negli Stati Uniti (Facoltà di Medicina della Cornell University, a New York), all’Università di Padova, e all’Università di Ginevra (Svizzera), dove è attualmente Professore di Biologia Cellulare.